“Ai prof cade l’occhio”. Il problema degli insegnanti che non sanno comunicare

Non entro nel merito della questione “minigonna” a scuola, anche se penso sia giusto imparare a quell’età che ogni situazione può richiedere un abbigliamento (e un atteggiamento comportamentale) consono. Quando andavo al liceo non potevamo presentarci in tuta da ginnastica, con i jeans strappati.

Vorrei invece soffermarmi sulla comunicazione e sul messaggio della vicepreside che avrebbe detto: “le gonne troppo corte attirano gli sguardi dei professori e dei compagni di sesso maschile“.

Agli albori di internet, quando non esisteva la connessione nelle case e negli uffici, io lavoravo in un piccolo point realizzato da un provider allo scopo di mostrare alle persone cosa significasse “navigare”. Ricordo che un giorno venne da me una maestra elementare, capelli bianchi raccolti con eleganza, vestita in modo serio, come quando si va in banca. Con atteggiamento umile di fronte a me che ero un ragazzino, mi chiese: “cosa significa ONLINE? I miei bambini mi parlano di cose che non capisco e ho bisogno di saper rispondere”. Parlammo per un’oretta, ma ricordo la passione con cui quella donna affrontava gli ultimi anni del suo lavoro, prima della meritata pensione. Desiderava essere in grado di comunicare…

Viviamo nell’era della comunicazione, eppure certe persone – specialmente in ambienti come la scuola – pensano che per comunicare non sia necessario acquisire una professionalità adeguata. Pensano sia sufficiente parlare, come se fossero sempre “in cattedra”. Parlare ad una classe di studenti è una forma di comunicazione da uno a molti, monodirezionale, non equilibrata perché fortemente gerarchica. Io parlo, voi ascoltate. Punto.

La comunicazione a cui i ragazzi e tutte le persone che utilizzano frequentemente il web e i social sono abituati, è invece multidirezionale, assolutamente non gerarchica e potenzialmente democratica.

Fatta questa precisazione risulta decisamente più semplice prevedere le conseguenze di una frase infelice come quella pronunciata dalla vicepreside. Suggerire agli studenti un abbigliamento adatto al luogo e conforme a codici di comportamento condivisi è assolutamente legittimo, ma fare riferimento al voyeurismo sposta il dibattito sul campo del “sessismo”. La velocità dei social, il meccanismo di diffusione virale dei contenuti e i commenti a cascata fanno il resto, trasformando una frase infelice in un dibattito pubblico nazionale.

La comunicazione richiede conoscenza, competenza e rispetto. Quella maestra elementare lo sapeva benissimo.

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