”Buon Natale!” al tempo della crisi, ricordando Michea e un miracolo avvenuto nel 1914 in trincea

Cari amici, come ogni anno mi trovo qui, sotto l’albero di Natale che mia moglie ha addobbato con cura perché possa riempire di luce la nostra casa, a scrivere un messaggio di auguri ai lettori di Piacenza Night. L’anno che sta volgendo al termine è stato ricco di eventi che non voglio commentare in questa sede, ma che certamente stanno condizionando le nostre vite e che promettono di continuare a farlo per i mesi a venire. E’ proprio nei momenti di crisi che il significato del Natale dovrebbe apparire a tutti più chiaro. Guardatevi intorno. E’ difficile cercare il senso del Natale quando tutti corrono alla ricerca di un regalo, quando per acquistare il bue e l’asinello del presepe occorre sborsare 40 euro, quando decorazioni sempre più scintillanti diventano fini a sé stesse e si dimentica il motivo per cui le case venivano rese più accoglienti. Oggi si fatica persino a dire “Buon Natale!”… non è politically correct. Oggi si dice “Season Greetings” o più semplicemente “Buone feste”.
Non bisognerebbe “vergognarsi” del Natale. Dovrebbero festeggiarlo tutti, non solo i cristiani, perché con il Natale si celebra la vittoria della Luce sulle Tenebre e nel mondo riecheggia con forza un messaggio di speranza, un desiderio di fratellanza.

Ecco che in anni di crisi le parole di Michea (6,8) possono aiutarci a ritrovare il senso del Natale e perché no anche il senso della vita. “O uomo, egli t’ha fatto conoscere ciò ch’è bene; e che altro richiede da te l’Eterno, se non che tu pratichi ciò ch’è giusto, che tu ami la misericordia, e cammini umilmente col tuo Dio?”. Amare la misericordia significa pensare agli altri, rinunciare all’egoismo. Praticare ciò che è giusto significa comportarsi in modo etico, essere onesti e leali. Ricordarsi di queste cose, tutti insieme, in ogni angolo del mondo è il vero miracolo di Natale.

Voglio lasciarvi con il ricordo di un episodio molto noto, che forse non tutti conoscono.
Il giorno della vigilia di Natale del 1914, durante la prima guerra mondiale, i soldati tedeschi iniziarono ad addobbare la zona attorno alle loro trincee, nella regione di Ypres (Belgio), per il Natale. Cominciarono mettendo delle candele sugli alberi, quindi iniziarono ad intonare canzoni natalizie. Nell’opposta trincea i soldati britannici fermarono il fuoco ed iniziarono ad intonare a loro volta canzoni natalizie in inglese. I due schieramenti continuarono scambiandosi a voce degli auguri natalizi. Poi qualche ufficiale coraggioso si espose e invitò gli avversari ad incontrarsi nella “terra di nessuno”. Qui i nemici si scambiarono doni: sigarette, whisky, cioccolata e vino. Nella notte di Natale l’artiglieria nella regione restò muta. Mentre qualche soldato giocava a pallone, altri riuscirono a recuperare i caduti e, insieme, i nemici piansero i compagni che avevano perso la vita. In quell’occasione inglesi e tedeschi si riunirono per leggere un passo del Salmo 23: “Il Signore è il mio pastore, non mi fa mancare nulla. Su prati verdi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Il Signore mi dona nuova forza, mi consola, mi rinfranca. Su sentieri diritti mi guida, per amore del suo nome. Anche se andassi per una valle oscura non temerei alcun male perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni”.

Buon Natale, amici cari, da parte mia e di tutta la redazione, dal profondo del cuore.

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