Politica e compromesso. Tra “tesi” e “antitesi” preferisco la “sintesi”

Ci risiamo. È accaduto ancora una volta e, come sempre, mi coglie di sorpresa. Dovrei averci fatto il callo, eppure continuo a rimanere attonito e un po’ confuso quando una persona che riveste un ruolo politico mi apostrofa come “comunista” o “fascista” a seconda che le mie opinioni non rientrino pedissequamente nell’una o nell’altra opposta ideologia. Già parlare oggi di “ideologia” è buffo data la scarsità di idee, ma l’aspetto più cringe di questi episodi è che sarei alternativamente “comunista” o “fascista” anche a seconda dei miei affetti, delle mie frequentazioni o – peggio – dei “mi piace” che metto sotto l’una o l’altra foto (attenzione, non un “like” ad un pensiero politico, ma alla foto di una persona che va al mare o cambia posto di lavoro).

Sul fatto che a qualcuno i miei affetti o le mie frequentazioni facciano venire il mal di pancia dovrei raggiungere la vetta del monte Everest per riuscire a scorgere i confini della vastità di quanto poco me ne possa importare. Ma quando sono le mie idee a dare fastidio perché si assume che io debba sposare sempre l’una o l’altra bandiera, faccio un po’ fatica a resistere alla tentazione di provare a spiegare – come si farebbe con i bambini di una scuola elementare – come è fatto il mondo fuori dalla loro bolla.

Che vi piaccia o no, sono una persona libera. Leggo, mi interesso, ragiono, partecipo, mi impegno. E ogni volta mi godo il privilegio di non dover indossare alcuna casacca, di poter cercare la migliore soluzione possibile senza pregiudizi e senza preconcetti, di non dover recitare per forza una parte.

Vi trasmetto la prima grande verità assoluta, ma attenzione: potrebbe lasciarvi sconvolti. So che la cosa vi può sembrare impossibile, eppure non c’è un movimento che abbia sempre ragione su tutto e uno che abbia sempre torto su tutto. Non esiste nel mondo. Non c’è in Italia. Figuriamoci in consiglio comunale.

Seconda grande rivelazione: le persone, soprattutto quelle che amano la politica e che credono nella politica, possono avere una propria opinione sui singoli temi del dibattito. Una persona libera può pensare che su un tema specifico sia migliore la proposta della maggioranza, mentre su un diverso tema abbia ragione l’opposizione. Pazzesco, vero? Giuro, si può fare. E’ legale.

Terza è ultima verità sbalorditiva: vi siete dimenticati il perché vi trovate a rivestire quel ruolo. Ve lo ricordo: dovreste amministrare i nostri beni, progettare come migliorare la qualità della nostra vita e fronteggiare le emergenze. Farci la morale non rientra tra i vostri compiti: per quel tipo di mestiere io, personalmente, mi rivolgo al mio parroco.

Tengo moltissimo alla mia libertà, la custodisco gelosamente, me ne prendo cura ogni giorno come fosse una piantina sfuggita alla desertificazione. Ho iniziato ad interessarmi alla politica ai tempi del liceo. Da allora osservo la progressiva perdita di libertà di coscienza da parte dell’elettorato ottenuta con un uso sempre più cinico e disinvolto dei mezzi di comunicazione sociale da parte di chi detiene il potere.

Chi riveste un ruolo politico impegna molto tempo a lavorare sul proprio consenso, e questo è inevitabile. Il consenso è essenziale. Alla base del consenso c’è una promessa – la vostra – ed è quella di prendervi cura della nostra comunità, di ciò che mettiamo nelle vostre mani. A noi interessa che manteniate la promessa, non che continuiate a farcene di nuove. Per mantenere la promessa che è alla base del consenso c’è un solo modo.

Nel mondo reale, fuori dalla vostra bolla, sia sul lavoro che nella vita di tutti i giorni, quando abbiamo un problema o una questione da risolvere che richieda una soluzione partecipata, si trova quasi sempre il giusto compromesso. Nei casi in cui qualcuno si arrocca su una posizione rigida per una mera questione di principio, si finisce per non riuscire a risolvere il problema o si è costretti a farlo risolvere da altri.

Io ho sempre cercato di aiutarvi a capire che, fuori dalla bolla, il mondo non è interessato al vostro teatrino. Personalmente mi piacerebbe vedervi prendere decisioni coraggiose, anche impopolari, pensando al futuro e alle nuove generazioni. Le decisioni importanti contrastano quasi sempre con la ricerca cinica del consenso. Occorre il coraggio di sedersi ad un tavolo e di non alzarsi fino a quando non si è trovato il migliore compromesso.

La parola compromesso deriva dal latino “cum-promissus” che letteralmente significa “promesso insieme”. L’opera di mediazione è difficile, faticosa, richiede la capacità di mettersi in discussione e le competenze necessarie per sostenere le proprie argomentazioni e comprendere a fondo le ragioni altrui. Spiace dirlo, ma non è alla portata dei mediocri. Per questo, purtroppo, l’assenza di dialogo sta caratterizzando in modo così marcato la politica contemporanea.

Alla fine il concetto è semplice. Fuori dalla bolla tra “tesi” e “antitesi” preferiamo la “sintesi”.

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