Giorgia Meloni, il Giappone e la nuova strategia geopolitica: come l’Italia sta ricucendo i rapporti con USA e G7

Può piacere o non piacere, ma è innegabile che Giorgia Meloni stia ridefinendo il posizionamento geopolitico dell’Italia, riportando il Paese al centro delle dinamiche internazionali dopo una stagione di scelte quantomeno discutibili. Tra queste, spicca la decisione del governo guidato da Giuseppe Conte e Luigi Di Maio di aderire alla Belt and Road Initiative (BRI), il progetto cinese ribattezzato “Nuova Via della Seta”. Un memorandum firmato nel 2019 che, se non altro, ha avuto il pregio di insegnarci quanto possa costarci l’improvvisazione al potere. L’Italia fu l’unico paese del G7 ad aderire, mettendo sul piatto un porto strategico come quello di Trieste.

Quell’accordo, secondo il Governo Conte, avrebbe potuto incrementare i flussi commerciali con Pechino, senza però considerare che si tratta di un progetto più orientato all’import che all’export e che la bilancia commerciale dell’Unione Europea con la Cina presenta già un deficit di circa 250 miliardi, un divario che si è ampliato largamente negli ultimi 10 anni. In ogni caso l’accordo fu firmato in un momento di tensioni crescenti tra Cina e Occidente. Gli USA, in piena competizione geopolitica con la Cina, considerarono l’adesione italiana una mossa non solo sgradita, ma anche politicamente molto ingenua. Il risultato? Irritazione profonda da parte di Washington e un memorandum che rimase largamente inapplicato, intaccando la credibilità di “Giuseppi l’Americano” e dell’Italia agli occhi degli alleati.

Con l’insediamento di Giorgia Meloni, il copione è cambiato. Nonostante le profonde differenze politiche, il Primo Ministro italiano si è affrettato a ricucire con il governo di Joe Biden, arrivando presto a notificare il mancato rinnovo dell’accordo con la Cina, e riportando l’Italia tra i Paesi affidabili agli occhi di NATO e G7. Questa decisione ha permesso all’Italia non solo di ricucire i rapporti con gli alleati occidentali, ma anche di riemergere come partner strategico in una delle aree più delicate del mondo: l’Indo-Pacifico.

Un esempio concreto è il rafforzamento delle relazioni con il Giappone. Poche ore fa, infatti, il ministro della Difesa Guido Crosetto e il suo omologo giapponese Takeshi Iwaya hanno firmato l’Acquisition and Cross-Service Agreement (Acsa), un’intesa che punta a condividere risorse logistiche e a intensificare la collaborazione militare. Un tassello che si aggiunge al Global Combat Air Programme, il progetto di sviluppo di jet da combattimento che coinvolge Italia, Giappone e Regno Unito (che stava per sfilarsi, ma grazie a un grande lavoro diplomatico ha confermato l’alleanza).

Ma questa rinnovata collaborazione non si limita alla sfera militare. Gli incontri frequenti tra Meloni e i leader giapponesi, incluso l’attuale premier Shigeru Ishiba, hanno consolidato un rapporto che poggia su valori comuni come democrazia e diritti umani, e rafforza le attività economiche tra le aziende dei due Paesi. Simbolica, inoltre, è stata la visita della nave “Francesco Morosini” e del veliero “Amerigo Vespucci” nei porti giapponesi, segnali di una presenza italiana sempre più incisiva nella regione.

Ora, con Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca e il mondo che prova a non finire a pezzi sotto pressioni geopolitiche crescenti, l’Italia è tornata a giocare un ruolo da protagonista, e non è cosa da poco. Ci vorrà tempo per lasciarci alle spalle l’epoca dei Giuseppi e dei Luigini, ma oggi la mia speranza è che il Paese si stia ripresentando sulla scena internazionale con la consapevolezza di chi ha imparato dai propri errori e desidera essere un punto di riferimento per molti alleati in cerca di stabilità e pragmatismo.

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