Libertà e tirannia. All’Italia serve la mano severa di un padre giusto

Il filosofo greco Platone, discepolo di Socrate e maestro di Aristotele, é uno dei padri fondatori del pensiero occidentale. Nei giorni scorsi ho ripreso in mano uno dei miei libri di filosofia risalenti agli anni del liceo per andare alla ricerca di una massima che all’epoca avevo sottolineato e che avevo trovato incredibilmente attuale. Osservando con spirito critico l’involuzione della politica italiana e come il nostro Paese stia fronteggiando questa importante crisi economica e di valori, oggi ancora più di ieri trovo le argomentazioni di Platone pesanti come un macigno.

“Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni.
E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani.
In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia”.

Platone. La Repubblica. Libro VIII

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