Provate per un istante a ragionare in modo lucido, senza farvi influenzare dal fatto che le persone di cui vorrei parlare vi stiano sulle scatole oppure no.
Appena insediato, Trump ha riunito Musk, Bezos, Zuckerberg e gli altri grandi nomi della tecnologia mondiale. Un’alleanza sorprendente, se pensiamo a quanto queste figure siano state spesso in contrasto. Li ha riuniti per disegnare il futuro dell’Intelligenza Artificiale, con gli Stati Uniti pronti a riprendere in mano il timone della rivoluzione tecnologica. Non facciamoci ingannare dalle varie forme di propaganda politica. Qui non si tratta solo di investimenti miliardari o di slogan elettorali. Si tratta di una “road map”, di una convergenza unica tra politica e tecnologia, con l’obiettivo dichiarato di portare gli Stati Uniti al vertice della corsa all’intelligenza artificiale avanzata, quella che porterà il mondo verso una rivoluzione industriale, economica e sociale ormai inevitabile. Startup, hub tecnologici, collaborazioni strategiche: gli USA premeranno sull’acceleratore, con tutti gli investimenti necessari, per arrivare primi nello sviluppo di sistemi capaci di cambiare la storia, come negli anni della corsa verso lo spazio. Il patto tra amministrazione Trump e Silicon Valley è chiaro. Il governo garantisce protezione e supporto politico, in cambio di risorse, visibilità e accesso prioritario alle nuove frontiere dell’A.I. La sfida non è, banalmente, solo economica: chi domina la tecnologia guida il futuro, già oggi.
Nel frattempo, l’Italia e l’Unione Europea sono ancora lontane dal definire un piano concreto sull’intelligenza artificiale, né hanno destinato risorse significative per affrontare questa sfida globale. Mentre Cina, Canada, Regno Unito, India e Israele avanzano a grandi passi, l’Europa si trova in un ritardo preoccupante rispetto a una rivoluzione tecnologica che potrebbe ridefinire gli equilibri mondiali. Anche se oggi decidessimo di mettere la ricerca sull’A.I. in cima alle priorità, le risorse disponibili nell’UE sarebbero una frazione minima rispetto ai capitali che gli Stati Uniti possono mobilitare, grazie alla sinergia tra governo, Silicon Valley e big tech americane.