Volgari, ingannevoli, choc. Le pubblicità censurate riemergono grazie al web

Alcune sono state censurate perché ingannevoli o fuorvianti. Altre, la maggior parte, perché i riferimenti sessuali utilizzati per promuovere un prodotto sono stati ritenuti troppo espliciti. Altre ancora non sono arrivate al grande pubblico perché esprimevono concetti sgradevoli, in grado di urtare la sensibilità di un gruppo, un’etnia, un’associazione, una chiesa. Le più fortunate sono apparse per pochi giorni sui cartelloni delle grandi città, prima di essere imbiancate in tutta fretta.

Sto parlando delle pubblicità censurate, emerse dall’oblio grazie alla Grande Rete, che tutto vede e tutto può. Rimbalzando di blog in blog, da YouTube a Flickr, le pubblicità che il mondo non avrebbe dovuto vedere sono ora di dominio pubblico.

In alcuni casi si tratta di idee davvero divertenti, che vale la pena riscoprire per il talento creativo che esprimono. Non erano adatte al loro scopo, forse, ma possono essere esposte – e addirittura celebrate – proprio per il loro spirito ribelle.

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