Intercettazioni. Meglio la “legge-bavaglio” del far west

Pur avendo scritto nella mia vita almeno 5.000 articoli pubblicati su riviste specializzate, testate giornalistiche, quotidiani e soprattutto su PiacenzaNight.com, premetto che non sono un giornalista. Un po’ per pigrizia, un po’ perché il mio mestiere è un altro, non ho mai mandato all’Ordine di Bologna i miei pezzi (stampati e raccolti diligentemente già da anni) per ottenere il patentino.

Ho il massimo rispetto per la categoria dei giornalisti, ma trovo che “La Repubblica” e i politici allineati a sinistra stiano esagerando gridando al golpe, dimostrando una volta di più quanto in questo Paese sia tragicamente impossibile dialogare. Basti pensare che solo pochi anni fa una riforma ancora più restrittiva, proposta dal Governo Prodi, era stata descritta come “necessaria”.

Ricordate il ddl Mastella? Fu votato da tutti senza battere ciglio, dagli stessi politici che oggi – sostenuti dai giornalisti – gridano alla morte delle libertà civili.

Il decreto sulle intercettazioni potrà non essere la panacea di ogni male. In un clima così teso, è possibile – anzi, probabile – che il testo sia imperfetto e migliorabile. Tuttavia ritengo che anche un testo imperfetto e antipatico sia meglio del far west in cui ci troviamo.

Ripensiamo a come siamo arrivati a questa cd. “legge bavaglio”. In questi anni abbiamo asistito a centinaia di sputtanamenti mediatici che hanno rovinato la vita a persone risultate poi innocenti nelle aule di Tribunale. E si, perché interi fascicoli di indagine, intercettazioni e indiscrezioni varie finivano sulle prime pagine dei giornali, solo allo scopo di condizionare l’opinione pubblica e arrivare ad una condanna di piazza, senza bisogno che la legge facesse il proprio corso.

La Legge (quella con la “L” maiuscola) è stata pensata e scritta per proteggere ogni imputato, fino a che non siano dimostrate in modo convincente le sue colpe. In uno stato garantista come l’Italia, gli imputati sono innocenti fino a prova contraria. Dall’antica Roma fino a l’altro ieri, questo principio è stato il pilastro sul quale poggiava l’intero sistema giudiziario.

Poi alcuni giornali hanno deciso di sostituirsi ai Tribunali (e ai politici, i quali pensano di avere il controllo di questo mostro, ma non sono altro che pedine inconsapevoli), e tutto ha preso una piega diversa.

Questa “legge-bavaglio” dice una cosa importante: è fatto divieto di pubblicazione, anche parziale, di tutti gli atti fino alla conclusione delle indagini. E’ un sacrosanto diritto di ogni imputato, innocente fino a prova contraria! Ed è un diritto che dovrebbe, in uno stato civile e garantista, essere più importante del diritto del giornalista di scrivere ciò che gli pare e piace.

Oggi l’opposizione grida allo scandalo. Ma leggendo il programma del Partito Democratico (benedetto e osannato da “La Reppubblica” & Co.), alla voce “Giustizia” troviamo un imperativo: “il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni – si legge – serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino. È necessario ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali”. Infatti, il vice-premier del Governo Prodi, Francesco Rutelli, ha dichiarato un paio d’anni fa: “La magistratura indaghi pure, faccia le intercettazioni, però finché non c’è una verità non sbattiamo sui giornali delle persone che si trovano prima ricattate e poi svergognate”.

Avranno cambiato idea? Chissà… a me sembra che come al solito in Italia si affrontino temi delicatissimi, che condizionano e condizioneranno la vita della gente, con la stessa leggerezza e la stessa arroganza di quegli ubriaconi che il lunedì mattina commentano le partite al bar.

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