Gira tutto intorno a questo. Alla passione, al desiderio bruciante che ti fa perdere la testa

Gira tutto intorno a questo. Alla passione, al desiderio bruciante che ti fa perdere la testa, a quella vampata per cui vale tutto, anche prendere Proserpina con la forza. La vita, la storia del genere umano, l’arte. È tutto qui, in questa che è forse la più bella scultura del mondo, opera di quel genio barocco di Bernini.

Quisquis humi pronus flores legis, inspice saevi me Ditis ad domum rapi

Il ratto di Proserpina, di Gian Lorenzo Bernini, fu scolpito tra il 1621 e il 1622 in marmo di Carrara. Il soggetto è al centro di un mito pagano, ma il cardinale Scipione Caffarelli-Borghese giustificò l’opera con la citazione di cui sopra.  Proserpina era figlia di Giove e Cerere (dea della fertilità e delle messi). Plutone, re degli Inferi, rimase rapito dalla sua bellezza e – invaghitosi di lei – la rapì e la portò negli abissi del suo regno. Cerere, per il dolore, cessò di proteggere i campi, causando una gravissima carestia. Il padre degli dei, quindi, dovette intervenire mediando tra il fratello infernale e Cerere (anche grazie all’aiuto di Mercurio che suggerì una via d’uscita). Proserpina avrebbe trascorso sei mesi con la madre, favorendo l’abbondanza dei raccolti, e sei mesi nell’Ade con il consorte…

Il mito non prende in considerazione il volere della poveretta, me erano altri tempi e altre favole.

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