Non c’è nulla che mi stia più sulle balle dei disfattisti. Ecco perché, tendenzialmente, non amo molto nemmeno i critici. “La critica è un’imposta che l’invidia percepisce sul merito,” scriveva Gaston Pierre Charles de Lévis-Lomagne, duca di Mirepoix. Ecco perché quando i critici cinematografici di mezzo mondo hanno massacrato il film “Tutto può cambiare” (Begin Again), mi è venuta voglia di vederlo. Gli esperti, in particolare, se la sono presa con Keira Knightley nell’insolito ruolo di cantante e con la recitazione di Adam Levine (leader dei Maroon 5). Il mio giudizio su questa pellicola è fortemente condizionato dalla colonna sonora, trattandosi a mio avviso di un tutt’uno che non può essere analizzato singolarmente. Cercherò di non “spoilerare” nulla che vi rovini la visione (e l’ascolto).
Avete mai sentito parlare di “sense of wonder”? La sospensione dell’incredulità è quella precisa volontà dello spettatore di un film di ignorare ogni logica per godere appieno di un’opera di fantasia. E’ ciò che vi permette di credere che un uomo armato di una spada laser possa sconfiggere un impero galattico. Senza sospensione dell’incredulità, per fare un altro esempio, non esisterebbe il Wrestling. Ebbene, per affrontare questo film ne serve parecchia. La storia è davvero improbabile, così come lo sono i personaggi. Non sta in piedi, ma non credo che John Carney desiderasse mettere in scena un documentario sui musicisti della Grande Mela.
Tolto il difetto più grande, cioè che Mark Ruffalo non si trasforma in Hulk come speravo accadesse, il film soffre di una trama troppo leggera, poco credibile e molto inconcludente. Non sta in piedi. Ma la trama è davvero così importante? Un produttore musicale sul fondo del barile, ubriaco fradicio, viene letteralmente rapito dalla voce e dalla personalità di Keira Knightley. Così decide di produrla, senza un soldo, ingaggiando musicisti di grande talento che accettano di suonare gratis, registrando ogni traccia “dal vivo”, per le strade di New York, in metropolitana, sui tetti dei grattacieli, a Central Park, tra i vicoli di un quartiere popolare. Tutto avviene come per magia, senza un vero senso, viaggiando in rapida discesa verso un finale che lascia percossi e attoniti.
Eppure oggi non faccio altro che ascoltare la colonna sonora (saltando tutte le tracce cantate da Adam Levine e soffermandomi su quelle cantate proprio da quella Keira Knightley che i critici hanno massacrato). A me la sua voce piace davvero tanto. Testi e musica, nella semplicità della struttura di una ballata, mi hanno emozionato e continuano a farlo.
La verità è che questo film è un musical ottimista e positivo, e questa cosa dell’ottimismo ai critici proprio non va giù. E’ un film banale, mediocre, inconcludente, in cui la vera protagonista è New York, in tutta la sua magia. Il tutto condito con una colonna sonora altrettanto semplice e banale, ma in grado di emozionare.
Alla fine, comunque, io sono qui a parlarne e voi state leggendo.
John Carney uno, critici cinematografici zero.
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