“L’avere più ingegno del comune è sempre una grande colpa agli occhi dei mediocri”. Lo aveva già detto Mario Missiroli, storico direttore del Corriere della Sera negli anni Cinquanta, e lo troviamo ripetuto in uno splendido “mattutino” di mons. Gianfranco Ravasi, su “Avvenire” del 5 ottobre 2006.
“La mediocrità alligna dappertutto,” scrive Ravasi, “nella società civile e anche in quella ecclesiastica, nelle famiglie e nelle comunità, negli ambienti di lavoro e di studio. La caratteristica fondamentale di questo difetto è la gelosia sfrenata, l’invidia per tutto ciò che sta sopra il suo livello di basso profilo”.
Basta guardarsi un attimo intorno per capire quanto siano vere e dolorose queste parole. Basta guardare a casa nostra, a Piacenza, nel sistema politico (tanto a destra quanto a sinistra), nel mondo amministrativo, nella scuola, nelle associazioni di categoria, nelle imprese, nei sindacati. Ognuno di noi può elencare almeno dieci casi in cui l’invidia o la gelosia abbiano frenato una buona idea o schiacciato una persona degna di essere ascoltata. E almeno un caso in cui questo difetto si sia fatto strada dentro di noi, e ci abbia reso colpevoli dello stesso delitto contro il progresso della nostra società.
Ravasi continua: “Ed ecco, allora, scatenarsi non tanto il confronto chiaro e netto (il mediocre sa che alla luce della verità soccomberebbe) ma la sottile erosione della dignità dell’altro, l’uso ipocrita del giudizio, l’adozione colpevole della calunnia, il ricorso alla manovra, la coalizione con altri mediocri, la frenetica ricerca di ogni occasione per far cadere chi è superiore per intelligenza, umanità o capacità. Si potrebbe a lungo descrivere il ritratto del mediocre, nemico di ogni ingegno, di ogni grandezza, di ogni libertà di spirito. Ma ognuno deve riconoscere – a prescindere dalle doti che possiede – che un germe di questa malattia, purtroppo non riconosciuta come tale ma sovente esaltata come buon senso ed equilibrio, alligna sempre nell’anima ed esige il coraggio di strapparla senza tante storie e giustificazioni falsamente religiose e moralistiche”.