Tutti nudi all’aeroporto sotto i raggi X. E c’e’ ancora chi rompe con la privacy

Ha fatto scandalo in questi giorni la notizia che in alcuni aeroporti australiani saranno adottate tecnologie anti-terrorismo che permetteranno agli agenti di osservare i viaggiatori sotto i vestiti.

“Lo scanner,” ha dichiarato Cheryl Johnson, direttrice dell’Ufficio per la sicurezza nei trasporti di Melbourne, “è molto simile a quello in dotazione in altri scali internazionali, e mostrerà le parti intime delle persone. Abbiamo deciso di non censurarle perché farlo limiterebbe le nostre possibilità di ispezione. Sarà possibile vedere seni e genitali mentre le persone passeranno sotto i raggi”.

Questa violazione della privacy che la gente dovrà sopportare per la sicurezza nazionale, e che siamo certi verrà presto esportata anche a casa nostra, mette alla luce l’ipocrisia di certe normative che dovrebbero difendere il diritto alla riservatezza delle persone.

Non entro nel merito della questione. Potrei anche trovarmi d’accordo a mostrare a degli agenti le mie nudità per essere certo di non saltare per aria sull’aereo, o peggio di finire sfracellato contro un grattacielo da un dirottatore.

L’argomento, però, mi offre lo spunto per una dichiarazione. Io trovo che la normativa italiana sulla privacy sia sostanzialmente una pagliacciata. Sono regole che non vanno di pari passo con il buon senso, che penalizzano i professionisti e le piccole aziende, e non difendono proprio nessuno.

Un esempio? Per avere il vostro conto corrente avrete certamente consentito alla vostra banca non solo di trattare i vostri dati per le pratiche interne, ma quasi certamente l’avrete autorizzata a cedere i vostri dati a terzi. Vi siete mai domandati come fanno le società che vendono archivi di dati (con il vostro nome, i vostri recapiti, il vostro fatturato, ecc.) ad ottenerli?

Avete stipulato una polizza assicurativa? Sicuramente per poterla sottoscrivere sarete stati costretti ad autorizzare il trattamento dei vostri dati, senza possibilità di scelta.

Inutile dire, invece, che se siete liberi professionisti, o avete una piccola azienda, per rispettare la babele di commi che compongono questo pastrocchio normativo dovrete affidarvi a consulenti esperti (e pagarli), dotarvi di costosi supporti, vivere con il terrore di avere dimenticato qualcosa, magari di cambiare la password di un PC, o di far firmare una liberatoria a qualche collaboratore… e si, perché “cè il penale!”

E mentre le vostre foto in costume da bagno finiscono su Facebook perchè qualche amico le ha pubblicate a vostra insaputa, mentre le vostre email vengono prese d’assalto da chi produce SPAM a go-go, mentre il video di quella serata in cui avete alzato un po’ troppo il gomito viene caricato su YouTube, una legge confusa e una Autorità Garante che annaspa senza riuscire a tenere il passo con il mondo che evolve… ci prendono sostanzialmente e quotidianamente per i fondelli.

Mi fermo qui, perchè ci sarebbe troppo da dire. Il mio è solo un confuso sproloquio da bar, prendetelo per quel che è.

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