Abbiamo mandato Di Maio a cercare di impedire una guerra

Abbiamo mandato Di Maio a cercare di impedire una guerra.

Questo è il finale di una storia che inizia con un popolo che sceglie di rinunciare alla testa per dare ascolto alla pancia. È il risultato dell’avere aderito al principio dell’uno-vale-uno, dell’avere schernito le competenze, dell’avere creduto alla gigantesca bugia che chiunque possa fare qualsiasi cosa.

Vi fareste curare da un medico senza competenze? No, anzi. Quando si scopre un finto medico si invoca la galera e lo si definisce “immorale”. Mi domando dunque perché non debba essere definito “immorale” chi si candida a gestire la cosa pubblica senza avere uno straccio di competenza. Mi domando come si sia potuto sacrificare il nostro presente e ancora di più il nostro futuro rincorrendo un “vaffanculo” o un “basta con sti negher”. Si, perché adesso siamo davvero nei guai.

La crisi energetica e delle materie prime ci affliggerà per anni, dicono tutti gli analisti. Noi abbiamo lasciato che ci governasse la pancia in tutte le scelte strategiche degli ultimi 20 anni, al grido di “non nel mio cortile”. Belle le pale eoliche, ma non nel mio cortile. Dobbiamo impostare la gestione dei rifiuti nell’ottica di un’economia circolare, ma non nel mio cortile. Siamo pronti a fare i fighetti con le auto elettriche e i monopattini, ma poco ci importa se per produrre l’elettricità necessaria abbiamo una centrale termoelettrica praticamente in centro città. Tutto questo perché abbiamo scelto di rinunciare alla testa per dare ascolto alla pancia. Abbiamo scelto sempre il passato sbattendocene altamente del futuro.

Ascoltando quella incompetente della nostra pancia abbiamo invocato l’impoverimento della politica. Ci piace credere che il politico ideale debba essere una persona onesta e in gamba che dedichi la vita alla cosa pubblica guadagnando poco, quanto basta per vivere. Bene: questa persona non esiste. Infatti abbiamo mandato Di Maio a cercare di impedire una guerra.

A gestire una pandemia con le sue conseguenze, la crisi energetica, quella delle materie prime, i conflitti internazionali, le strategie geopolitiche, non vorreste vedere delle persone preparate, che magari hanno compiuto uno specifico percorso formativo e universitario, in grado di confrontarsi alla pari con i politici stranieri (alleati e non), capaci di gestire l’arte della diplomazia pensando al futuro e non solo al becero consenso elettorale?

Gli ultimi governi italiani ci hanno portato ad una sorta di neo-comunismo o quantomeno di iper-statalismo che non può che trasformarci in una società di parassiti di massa, attaccati alla tetta dello Stato e quindi servi. Lo Stato è talmente ingombrante nella vita economica del Paese da mortificare di fatto ogni slancio produttivo e innovativo, anche e soprattutto quando concede elemosine sotto forma di finanziamenti e fondi.

Più parlo con gli imprenditori e più mi affligge questa sorta di “presentimento di morte” che avverto da anni, da ben prima del Covid. Molte imprese stanno agonizzano, altre sanno che con le regole del gioco che ci sono in Italia non potranno durare ancora a lungo, altre cercano di non scomparire guardando al resto del mondo come unico salvagente possibile. E’ chiaro che il tessuto produttivo e la sopravvivenza delle imprese non sono una priorità né per il Pd, né per la Lega, né per Fratelli d’Italia, tantomeno per i 5 Stelle o per le altre sigle ininfluenti. A nessuno importa un fico secco di chi genera ricchezza e lavoro in Italia, perché il consenso elettorale non si ottiene facendo la cosa giusta. Ripeto: il consenso elettorale non si ottiene facendo la cosa giusta.

Per la prima volta nella storia d’Italia, le imprese dovrebbero essere messe nella condizione di lavorare senza vessazioni fiscali così impattanti da rendere impossibile la competitività internazionale e senza ostacoli burocratici unici al mondo. Ma questa cosa non avverrà mai e gli imprenditori lo sanno bene.

Oggi, con la guerra in Europa e un dittatore senza nulla da perdere che il mondo vorrebbe mettere con le spalle al muro, abbiamo disperatamente bisogno di abili diplomatici. Abbiamo disperatamente bisogno di persone competenti, preparate, esperte. Abbiamo disperatamente bisogno di un piano che consenta a Putin di uscire da questa situazione in modo dignitoso, perché altrimenti potrebbe vedere una sola via d’uscita e non ci piacerebbe affatto.

E sperando che questa guerra non degeneri, mi auguro che la lezione ci sia servita (anche se non ci credo). Confido che gli italiani non si lascino più incantare dalla demagogia, che i futuri politici smettano di rivolgersi agli impulsi, al fondo del barile emotivo delle persone, cessino di accendere e cavalcare i sentimenti più oscuri per conquistare il potere o tenere il consenso.

La politica deve tornare ad essere “una cosa alta”. Il termine “politico” deve perdere ogni accezione negativa. Dobbiamo smettere di avvicinarci alla politica con il cappello in mano e di pensare che a risolvere i nostri guai debba pensare lo Stato. Meno lo Stato si intromette nella nostra vita e più possiamo sperare di disinnescare il sistema che oggi ci rende prigionieri di una classe politica inadeguata.

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