Gentilezza. L’antidoto a questi tempi rabbiosi

Il mio lavoro mi costringe a passare molto tempo sui social, strumenti che sarebbero magnifici se non fossero avvelenati da tanta maleducazione, dall’arroganza di chi ostenta con orgoglio la propria ignoranza, dall’insolenza fine a sé stessa, dalla superficialità, da varie forme di intollerabile violenza, dalla mistificazione e dalla disinformazione. Una dose quotidiana di veleno che mortifica i rapporti umani e alimenta il clima generale di sfiducia che caratterizza la vita individuale di noi tutti.

Più passa il tempo e più diventa granitica la mia convinzione che esista un solo antidoto a tutto questo: la via della gentilezza.

La gentilezza di cui parlo non è una posa, non è semplice cortesia, non è formale ed esteriore. È piuttosto una virtù spontanea e disinteressata che si declina nel modo di porsi, nel tono di voce, nelle parole scelte per comunicare, per presentare e sostenere le proprie idee, per parlare e relazionarsi con gli altri essere umani.

La gentilezza è l’unica medicina che può salvarci da un clima che non ammette più alcun confronto costruttivo. È un vaccino che consente alle persone di avere ed esprimere opinioni differenti senza essere costrette ad odiarsi e ad insultarsi quotidianamente come hooligans con la bava alla bocca. È una cura preparata con ingredienti semplici come il rispetto, l’armonia, l’equilibrio, l’impegno.

Anacronistico, vero? Se ci fermiamo un secondo a pensare al mondo in cui viviamo è quasi un concetto rivoluzionario dal momento che dietro alla gentilezza tendiamo sempre ad intravedere un tentativo di manipolazione. Meglio una sana e ruvida franchezza, dicono in tanti.

Quando permettiamo alla maleducazione di eclissare la gentilezza, però, rinunciamo alla possibilità di addolcire la nostra esistenza, di smussare gli angoli, di ragionare con calma, di ponderare ogni decisione, di valutare la strada migliore, di fare sintesi e quindi di crescere e migliorare la nostra condizione. Rinunciamo al futuro.

Chi ridicolizza le persone gentili, immaginandole deboli e fragili, commette un grosso sbaglio. La gentilezza richiede una certa forza d’animo, ma rende ogni giorno più forti. È come un’armatura che protegge chi la indossa dalle meschinità altrui.

Sarà un caso, ma le persone più forti, capaci e sinceramente realizzate che ho incontrato nella mia vita si sono sempre rivolte a me con gentilezza.

Tra le tante cose che amo del Giappone, c’è anche la grande importanza che viene attribuita al valore assoluto della gentilezza, sottratta al semplice perimetro di un buon comportamento. Nella lingua giapponese “gentilezza” si dice “Yasashisa” e con gli ideogrammi si scrive in questo modo: 優しさ. Gli ideogrammi non sono altro che disegni semplificati. In questo caso la parola è composta da una persona, a sinistra, e da un cuore in ansia a destra. La persona si preoccupa per un’altra, è partecipe del suo problema, guarda con compassione l’affanno, la fatica dell’altra persona. Per i giapponesi la “gentilezza” comprende il concetto di ascolto, ma anche di azione per offrire il proprio aiuto, ed è un elemento centrale della civiltà e delle relazioni tra gli uomini.

 

“Sii gentile quando possibile. È sempre possibile”.

Dalai Lama

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