Internet ci ha resi più liberi?

Internet ci ha resi più liberi? Mentre riflettevo su questa domanda la prima immagine che mi è venuta in mente è quella della scritta all’ingresso di Auschwitz, “il lavoro rende liberi”, una disumana menzogna che ancora riecheggia nella storia.
Internet, tuttavia, non ci ha ingannati. Ha realmente offerto all’umanità un’occasione unica di libertà. È il più grande strumento di istruzione e formazione mai inventato dall’uomo, è un ineguagliabile veicolo di relazioni e incontri, è un mezzo che consente una straordinaria libertà di espressione.
Sono un appassionato indagatore di internet da quando esiste internet, anzi da prima che esistesse, quando al circolo dell’informatica accedevamo alle BBS, i primi servizi telematici che consentivano di collegare i nostri computer ad altri, magari a New York, per accedere a risorse condivise (che, data la nostra giovine età, erano molto spesso foto osé che a causa dalla bassissima risoluzione avevano la stessa carica erotica di un mosaico bizantino).
Negli anni ho continuato a studiare internet focalizzandomi, in particolare, sugli aspetti della comunicazione che ne sfruttano le potenzialità. Oggi sono i social network e le piattaforme digitali il principale oggetto dei miei approfondimenti e non sono in grado di capire – tornando alla domanda iniziale – quanto possiamo definirci liberi all’interno del vortice che questi strumenti hanno generato.
Uno dei requisiti fondamentali della libertà, a mio avviso, è la consapevolezza. Quanti di noi sono pienamente consapevoli di quello che fanno sulle reti sociali quando interagiscono con gli altri? Quanti si rendono conto che sui social network è “la rabbia” l’emozione che emerge più di ogni altra, come ci fosse sempre un nemico contro cui combattere?
Sono talmente disgustato dai commenti che leggo sotto le notizie condivise dai giornali che ho sentito l’esigenza di cercare di comprendere meglio perché la rabbia stia prendendo il sopravvento su tutto. La rabbia è uno strumento di difesa primordiale che ha permesso all’uomo di sopravvivere reagendo in modo violento agli attacchi di nemici mortali. Nel mondo di oggi, però, chi ha la fortuna di vivere in un Paese dove non è necessario lottare per la propria vita in un campo di battaglia, la rabbia si attiva principalmente nei confronti di se stessi. Si attiva quando ci sentiamo frustrati. Si attiva quando non riusciamo a soddisfare un bisogno. Si attiva quando ci sentiamo frustrati perché non riusciamo a soddisfare i bisogni indotti dalla nostra società o non riusciamo a sentirci all’altezza degli standard imposti dal nostro stile di vita. Insomma, sui social si attiva in continuazione e molte persone passano le giornate ad esprimere rabbia, asserendo in modo distorto le proprie idee, cercando l’affermazione di sé che non trovano nel mondo reale, contaminando altre persone simili e diffondendo l’odio come un virus.
La straordinaria libertà di espressione che ci consente Internet anche attraverso i social network, viene quotidianamente snaturata deteriorando la dignità delle persone e finendo per colpire l’integrità della nostra comunità. Più permettiamo alle nostre frustrazioni e alla rabbia di farci vedere nemici ovunque, più perdiamo il senso della “comunità”.
La comunità, il patto sociale tra gli uomini, si basa su un principio cardine: tutte le libertà, soprattutto quelle fondamentali come la libertà di pensiero e la libertà di espressione, non possono essere illimitate. La legge si basa sul concetto di “limite” che regola le libertà di ognuno di noi e proprio perché sui social network le leggi non vengono fatte rispettare, proprio perché comportamenti disumani vengono tollerati, proprio perché pochi soggetti antisociali fanno più rumore della maggioranza silenziosa, stiamo perdendo il senso del limite e di conseguenza le fondamenta della libertà.
Internet ci ha resi più liberi, quindi? Secondo me sì, ma noi stiamo mandando tutto a pu***ne.

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