La recensione di Jennifer Ravellini su “I Racconti del Mocambo” è più bella del libro stesso

Conoscete tutti la mia amica Jenny? Certo che la conoscete! Ebbene, Jenny ha scritto la prima recensione del mio libro “I Racconti del Mocambo”, usando un vortice di parole che – lette tutte d’un fiato – sono più belle del libro stesso. Meritano di essere riportate. Grazie JR!

“Prendete un crostaceo, un haiku, uno scienziato, un libro nero, un ex rivoluzionario, un wrestler, una coppia o un killer. Versatevi qualcosa da bere, poco importa se una birretta, uno Scotch Whiskey, un tè giapponese o un’aranciata e scegliete la colonna sonora più adatta, spaziando liberamente dai Nirvana a Paolo Conte. Tutt’a un tratto vi sentirete a Parigi, Roma, Chicago, Piacenza o Tokyo incastrati tra passato e futuro in un eterno presente che cattura e immobilizza, ma non lasciatevi ingannare la destinazione è una sola: il Mocambo. Un non-luogo alla Marc Augé? Un altrove piuttosto, in cui ogni coincidenza sembra possibile più che inevitabile. Undici racconti che hanno il sapore di viaggi intorno all’umano laddove esista ancora un confine con ciò che umano non sembra o non è. Piccole storie di ampio respiro, capaci di svelare nuovi orizzonti e di suggerire fughe improvvise. Trame, a tratti grottesche e surreali, tenute a bada da un narratore che preferisce dialoghi e intrecci al puro virtuosismo linguistico fine a se stesso. Ritmo singhiozzante, pronto a repentine impennate e a pigri abbandoni ricchi di poesia. Uno sguardo sul mondo che proprio dal mondo chiede di prendere le distanze per potersi concedere il lusso della prospettiva cinematografica. Storie che si annusano, si ascoltano, si vedono e si travisano con tutta la libertà concessa alla parola scritta. Se la sintesi è dote di pochi, ma imprescindibile per un autore di racconti, Bellotti ci sembra aver colpito nel segno con la sua modernissima arte del sottrarre che mina alla base la solidità della poltrona in cui affonda il lettore. Un lettore che solo apparentemente è guidato per mano, in realtà si ribella a qualunque pretesa di rimanere in disparte e si trova catapultato in un universo fuori dall’ordinario che non esitiamo a definire straordinario”.

Jennifer Ravellini

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