Dopo la notizia dello scandalo che ha travolto il gruppo Volkswagen nei giorni scorsi, stanno emergendo altre informazioni che l’Europa delle lobby aveva taciuto. Il Joint Research Centre della Commissione Ue, infatti, già nel 2013 aveva stilato un rapporto in cui si evidenziavano i problemi posti dal defeat device, il software che trucca i dati relativi alle emissioni delle auto tedesche, proprio al centro dello scandalo. In un articolo di ieri il Financial Times ha gettato ombre sull’intero sistema Europa, che ha ignorato il rapporto, tutelando gli interessi di una delle più importanti aziende in Germania. L’inchiesta americana sta dipingendo uno scenario desolante, in cui gli stati membri dell’Unione Europea non sono altro che semplici vassalli dell’impero teutonico, succubi del falso mito dell’onestà ed efficienza del sistema economico e produttivo tedesco.
Se non fosse stato per gli USA, probabilmente non avremmo mai saputo che in Italia circolano un milione di veicoli a marchio Volkswagen che non rispettano le normative anti-inquinamento.
Dopo l’articolo del Financial Times, anche il giornale tedesco Die Welt ha accusato il governo di Angela Merkel di essere a conoscenza delle manipolazioni da tempo. Il 28 luglio scorso era stata addirittura presentata in parlamento una interrogazione dai Verdi, proprio sul tema.
Hanno una bella faccia tosta, in Francia come in altri Paesi europei, a chiedere soltanto oggi che si apra un’inchiesta a livello continentale. Come scrive “Repubblica”, “quegli stessi organismi Ue che ora chiedono il giro di vite sui test erano stati avvertiti sin dal 2013 (i primi dati risalgono al 2011) del pericolo per l’ambiente rappresentato da software e strumenti (peraltro illegali sin dal 2007) per alterare i risultati delle analisi sugli inquinanti dei motori diesel”.
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