L’addio di Silvio Berlusconi. ”Mi ritiro perché amo l’Italia”

“Per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora”. Così Silvio Berlusconi, eletto per quattro volte Presidente del Consiglio dei ministri e una volta Presidente del consiglio europeo, ha annunciato il suo ritiro. “Non ripresenterò la mia candidatura a Premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un po’ di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività”. L’addio del Cavaliere ha chiuso un cliclo durato quasi vent’anni e durante il quale, nel bene e nel male, l’Italia è cambiata.
Silvio Berlusconi è un uomo che ha lottato, provando ad amministrare con uno stile da imprenditore un Paese imbrigliato da burocrazia e malcostume. Ha lottato contro una classe politica che per non essere messa da parte ha usato contro di lui ogni mezzo, sfruttando anche un’alleanza “particolare” con la magistratura. Silvio Berlusconi, va ricordato, è stato imputato in oltre venti procedimenti giudiziari, nessuno dei quali si è concluso con una sentenza definitiva di condanna. Indagini, dichiarazioni alla stampa, fughe di notizie e processi show hanno pregiudicato la sua immagine pubblica, soprattutto a livello internazionale, ma è quantomeno singolare che nemmeno un processo si sia chiuso con una condanna.
Silvio Berlusconi è anche un uomo che ha sbagliato. Non è questa la sede per elencare i numerosi errori che sono stati commessi in questi 18 anni dal Cavaliere, ma il più grave – a mio avviso – è quello di non essere riuscito a dare un futuro al centro-destra. La questione non riguarda la successione al trono, ma è più profonda. Sono pochi gli uomini di valore del Pdl. Silvio Berlusconi si è circondato di yesmen, di politici che non erano riusciti a diventare qualcuno della Dc e nel Psi della Prima Repubblica, di persone che hanno cambiato idea e schieramento con la stessa frequenza con cui si cambiano le mutande. Il risultato è che i portatori di valori, le persone che nel ’94 confluivano in Forza Italia da esperienze lavorative, professionali, manageriali, se ne sono andate tutte. Sono rimasti troppi opportunisti, troppe persone che cercavano uno stipendio o una posizione di potere, troppi lacché e troppe showgirl. E il centro-destra è finito.

Oggi, nel giorno dell’addio, credo che il centro-destra sia finito davvero. E forse è meglio così. Hegel usava una parola, “aufheben”, che ben si adatta alla situazione. Non esiste una traduzione italiana di questa parole, ma in sostanza significa distruggere affinché si possa ricostruire in modo migliore.

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